NOTIZIE DA ALBEROANDRONICO.
Classe 1995, attuale campionessa italiana in carica nel doppio misto Seconda Categoria, Claudia Carassia, cresciuta nella Balduina di Piazza Giovenale e di Largo Apuleio, a cinquanta metri dal nostro pioppo, non ha mai lesinato su coppe e medaglie vinte nello Sport che la appassiona sin da piccola: il tennistavolo. Proviamo ad elencarle in breve: 2 argenti e 5 bronzi nei Campionati italiani giovanili; 2 ori e 2 bronzi nei campionati italiani di categoria.
Con la Nazionale, oltre al Campionato europeo in Romania, ha partecipato a numerosi tornei internazionali giovanili e a due Campionati europei Juniores (Kazan e Vienna). Campionessa nazionale universitaria 2018, da anni milita in Serie A1 femminile.
Quinto anno di Medicina presso la Facoltà di Verona, con un interesse verso l’anestesia e rianimazione, al momento vive a Parigi per un anno di Erasmus.
Sei nata nel quartiere Balduina, a pochi metri dal pioppo di Via Livio Andronico. Cosa ricordi della tua infanzia tra quelle strade?
La messa a Santa Paola la domenica mattina con tutta la mia famiglia, ricordo quando la mamma ci portava al parco di Monte Ciocci a giocare, l’apertura del parco del Pineto in via Proba Petronia.
Poi gli innumerevoli gelati dal Pellicano di Piazza Giovenale e il suo parco giochi che nel tempo si è trasformato. E ricordo come andare alla Upim dietro piazza della Balduina fosse un evento speciale per me, per fare shopping e poi passare davanti alle vetrine di Castroni lì davanti, guardare le caramelle e sentire l’aroma di dolci e di caffè.
Quali scuole hai frequentato sin da bambina?
Fino alle scuole medie comprese sono sempre rimasta nel quartiere Balduina. La materna e le elementari le ho fatte all’Istituto delle Suore Immacolatine, la scuola media invece alla Chiodi. Per il liceo mi sono iscritta al Liceo Talete, in Prati; ma il quarto anno ho cambiato città e quindi anche scuola.
Cosa ti ha spinto ad appassionarti a uno sport non molto diffuso a Roma come il tennistavolo?
Il caso? I miei nonni hanno una casa al mare a Lavinio, dove passavo almeno un mese ogni estate con i miei cugini e mio fratello: là sotto al portico in giardino c’era un tavolo da pingpong, dove ogni pomeriggio ci sfidavamo fino allo stremo. Qualche sera i nostri genitori, che facevano avanti e indietro da Roma per il lavoro, ci davano la possibilità di sfidarli. E forse non voler più perdere contro i miei cugini e mio padre mi ha portato a dire “perché non cercare una società dove poter giocare a pingpong anche durante l’anno?”. Et voilà, la frittata era fatta.
Hai trovato nel quartiere la struttura, l’associazione, la scuola dove iniziare?
Alla Balduina non c’era nessun club dove poter praticare il tennistavolo. La mia prima società però l’ho trovata non troppo lontano, all’Oratorio San Giuseppe a Trionfale, dove mi hanno fatto muovere i primi passi in questo meraviglioso Sport.
Quando hai deciso di passare all’impegno agonistico, moltiplicando il tempo e la costanza degli allenamenti, hai trovato difficoltà nel proseguire con profitto la carriera scolastica?
A dir la verità no. Mio padre ha sempre messo in chiaro che per poter fare tutto ciò che volevo nel mondo del tennistavolo (trasferte, allenamenti, raduni con la nazionale) la condizione era un profitto scolastico sufficientemente elevato, e io, perfezionista come sono, sono sempre stata d’accordo con lui. In più lo studio è qualcosa che non mi è mai pesato particolarmente, anche perché lo stimolo per andare bene (cioè potermi allenare quanto volevo) era molto forte.
Come ti organizzavi? Dove ti allenavi? Riuscivi comunque a vivere il tuo quartiere?
Ho bazzicato di periodo in periodo molte delle palestre di tennistavolo a Roma. La principale è stata, per fortuna, la palestra della Federazione sotto la Curva Nord dello Stadio Olimpico, dove potevo permettermi di andare direttamente dalla scuola, senza passare per casa. Studiavo e pranzavo direttamente in palestra, e poi cominciavo ad allenarmi.
Da quando ho cominciato ad allenarmi con frequenza elevata ovviamente le mie uscite nel quartiere sono diminuite, ancor più perché la maggior parte dei miei compagni di liceo non viveva a Balduina.
Penso di aver smesso di vivere il quartiere con l’inizio del liceo e degli allenamenti intensivi, considerando che almeno quattro week-end su cinque partecipavo a qualche torneo in giro per l’Italia.
Negli anni del liceo ti sei trasferita, per i tuoi impegni sportivi, a Genova. Come è stato cambiare, per di più da sola, durante l’adolescenza la città dove vivere?
Penso sia stata un’esperienza incredibile. Con i suoi lati positivi e i suoi lati negativi, come ogni cosa, ma sicuramente formativa ed esaltante. La stabilità non è mai stata una mia caratteristica, per cui ho sempre ben accolto i cambiamenti di vita e quindi anche di città (che fino ad ora sono stati cinque).
Ho sempre amato le città in cui ho vissuto, cosicché in ogni trasloco, mentre portavo nel cuore la città che lasciavo scoprivo le bellezze dell’altra e cominciavo ad amarla. E poi, è quando te ne vai da Roma per tornarci in vacanza, a rivedere la famiglia, quando non devi più convivere con i suoi problemi quotidiani, che finalmente lasci spazio soltanto al privilegio di vedere quanto sia meravigliosa e unica la città dove sei nata.
Come sintetizzeresti, in poche parole, la tua esperienza in quegli anni di sport, la maglia della Nazionale, la scuola, i periodi di “ritiro”, i posti visitati, gli amici, il quartiere?
Credo che la parola che meglio descrive quegli anni sia intensi: erano gli anni dell’adolescenza, quando si vive ogni cosa senza troppe responsabilità, solo col desiderio di viverla. E io di novità, di persone, di possibilità, di attività intorno a me ne avevo tantissime.
Da quel momento, fino alla scelta di intraprendere gli studi di medicina a Verona, non sei più tornata. L’hai fatto per motivi agonistici, perché ormai “il viaggio” per te non si fermava più, o per un motivo in qualche modo legato alla tua città natale?
È insieme di mille fattori: sì, il fatto che Roma sia una città grande e alle volte problematica incide, ma non è il vero motivo. All’inizio l’ho fatto perché sentivo di voler vivere l’Università in modo indipendente. Sentivo che stare lontana da casa e vivere da sola sarebbe stato il miglior modo per me per continuare a crescere. Ora credo semplicemente di essere fatta così, una voce dentro di me continua a dirmi di buttarmi nelle avventure, di esplorare e provare posti ed esperienze che vanno al di fuori di ciò che conosco. E così continuo a viaggiare e spostarmi. Chi lo sa, un giorno mi fermerò, un giorno tornerò a casa… per il momento sono ancora su una giostra che gira.
Torni spesso e volentieri a Roma? Quando sei a Roma continui a risiedere nel quartiere?
Non torno spesso, ma sempre volentieri. Sono sempre presa dagli impegni tra Università, tennistavolo e amicizie a Verona, e quando posso cerco di trovare le occasioni per rivedere anche i cari che ho lasciato nelle varie città in cui ho vissuto. Per cui Roma non è la mia meta di ogni week-end libero, ma sicuramente è una tappa che di tanto in tanto non posso tralasciare. Sono molto legata alla mia famiglia, per cui avere la possibilità di passare un po’ di tempo con loro è sempre un dono.
E poi adoro tornare a Roma e rivedere il suo cielo azzurro intenso e i suoi palazzi di mattoni rosso scuro. Quando torno nella mia casa di Balduina non giro troppo per il quartiere, ma mi riservo sempre di fare una passeggiata al parco dietro casa, arrivare alla spianata dove si vede San Pietro e rimanere un po’ lì a godermi il panorama con della musica nelle orecchie.
Vivendo ormai la città da “osservatrice”, cosa pensi oggi di Roma e del quartiere Balduina? Hai notato cambiamenti, tu che vivendo fuori hai più capacità di notarli rispetto a chi la frequenta quotidianamente?
Devo ammettere che la mia idea di Roma non è delle più clementi: mi è entrata in testa la sensazione che chi vive a Roma invecchi prima, per via dello stress, della viabilità che non funziona e delle dimensioni della città. Purtroppo vedo che ci sono dei problemi che non si risolvono e che anzi peggiorano: la manutenzione delle strade mi appare sempre più catastrofica, i rifiuti sono sempre troppo abbondanti nei cassonetti, e i crolli come quello sotto casa mia ho l’impressione siano aumentati negli ultimi anni.
Per ciò che riguarda la Balduina, è sempre stato un quartiere dove è bello vivere, non troppo incasinato, con la sua giusta dose di verde, ma anche di negozi, bar e via dicendo. In più da qualche anno ha aperto la ciclabile che passa sopra la ferrovia, che vedo sempre popolata di gente. Penso sia stata una piccola rivoluzione per gli abitanti del quartiere, un modo per fare dell’attività fisica e allo stesso tempo uscire un po’ dal caos della città.
Quest’anno sei a Parigi. Hai già avuto modo di fare raffronti con Roma, e più in generale con l’Italia?
È una domanda che un po’ mi fa sorridere, perché prima di partire mi ero fatta un’idea di Parigi come della metropoli del bon-ton, che nonostante i suoi milioni di abitanti riuscisse ad avere l’ordine e la tranquillità di una città che ne fa meno della metà. Invece è un tripudio di gente!!! Persone dappertutto, persone a qualsiasi ora, Metro piena spesso e volentieri… Rimane una città meravigliosa, ma declassata da metropoli del bon-ton, a… metropoli.
Ma per valutarla meglio dovrei aspettare di viverla più a lungo. Per il momento mi limito a una prima impressione un po’ superficiale.
Come immagini oggi il tuo futuro? A Roma o sicuramente altrove, magari all’estero?
Al momento il mio futuro è abbastanza un buco nero. Mi piacerebbe dopo la laurea in Medicina andare a fare la specializzazione in qualche paese estero, ma ancora devo capire se ne valga veramente la pena, a livello di formazione, e se alla fin fine è la scelta che voglio veramente. Vivere in un paese con un clima e una cultura diverse da quella della mia amata (e forse un po’ disprezzata) Italia: sto iniziando a mettere sulla bilancia le mie ambizioni lavorative con il mio benessere personale, per trovare in futuro una soluzione che possa equilibrare queste due priorità. È tutto ancora molto incerto, mi spaventa un po’, ma ho ancora tempo prima della laurea. Penso che il quadro diventerà più chiaro.