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1990. La vita di una prostituta, in arte Leila Tequila, è giunta al termine: di fronte a un campetto da calcio buio e umido, un cadavere buttato in un cassonetto con i manici arrugginiti sta sputando l’anima in una lucida, disperata agonia.
Dieci minuti e trentotto secondi tra la vita e la morte, vissuti attraverso i suoi limpidi e lancinanti ricordi della vecchia Istanbul: l’odore di limone e zucchero a bollire per preparare la ceretta delle donne mentre gli uomini sono in moschea, del caffè forte al cardamomo che sin dalla mattina si sparge per la via dei bordelli, della capra stufata sacrificata per favorire la nascita di un figlio maschio.
Istanbul per Elif Shafak è femmina, a dispetto del severo paternalismo che la pervade: ferita, impaziente, avida, lacerata, bramosa di libertà. Istanbul è una cattiva maestra, da salvare e da condannare. Istanbul è tutto: ospita e racconta la realtà tutta, tutto il mondo.
Un altro romanzo duro, necessario e non derogabile, per il talento della scrittrice anglo-turca, un canto sensuale e disperato con la voce dei derelitti, degli abusati, degli intoccabili.
“One of the best writers in the world today”. Parola di Hanif Kureishi.